Luglio 20

LIBRI CHE CAMBIANO

Una serie di recensioni agganciate al quotidiano


Mi capita fra le mani, anni fa, un libro messo in un angolo di una libreria, scontato, senza particolare appeal. Ne compro due copie pensando di regalarne una a mio zio Fabio Piergiovanni che, da formatore, ama questi temi: "La rana che finì cotta senza accorgersene. E altre lezioni di vita" di Oliver Clerc.

Il principio della rana bollita lo conoscevo già, come metafora, dal filosofo statunitense Noam Chomsky, nel suo libro "Media e potere" per descrivere una pessima qualità dell'essere umano moderno: la rana bollita ci dimostra che, quando un deterioramento agisce in maniera sufficientemente lenta, risulta difficilmente percettibile, sfugge alla coscienza e non permette la spinta alla reazione, in opposizione.

La rana quando si accorge di essere cotta è già impossibilitata ad uscire dalla pentola, non ne ha più la forza, in questo caso la sua capacità adattiva non le è stata di grande aiuto: meglio sarebbe stato un tuffo bollente che le avrebbe permesso di reagire.

Questa metafora può riferirsi ad ogni ambito della nostra vita: dalla società, alle relazioni umane, all'ambiente, alla salute, alla politica, il degrado è sotto agli occhi di tutti. Ma "quando una situazione è il prodotto di un'evoluzione che si sviluppa sul lungo periodo," dice Clerc, "le soluzioni rapide e a breve termine che mettiamo in pratica sono generalmente inadatte, quando non concorrono, alla fine, ad aggravare la situazione".

Ma in soldoni cos'è che non permette alla rana di saltare? 

  • La rana dorme, non è "sveglia", non si accorge di quello che sta vivendo e non pensa alle conseguenze, non è presente a sé stessa. E' incosciente.
  • La rana non ricorda, non riesce a comparare o discernere, non si accorge del cambiamento. Non ha memoria.
  • La rana non usa altro termine di paragone se non la propria pelle, non ha riferimenti collettivi o esterni con cui relazionarsi, è oltre modo fiduciosa delle proprie soggettive valutazioni. E' egoriferita. 

Alla rana non resta che lasciarsi cuocere, lasciarsi morire, e nell'attendere la sorte (per lei non ancora immaginata) la rana è passiva, subisce nell'intrattenersi, aspetta di vivere quegli ultimi tempi. 

C'è un'altra attesa che dobbiamo sperimentare per i tempi presenti, un'attesa che non è rassegnazione. E ce la racconta la storia del Bambù: si dice che in Cina ne esita una varietà molto particolare. Se si pianta il seme di questo bambù occorrerà aspettare ben cinque anni per iniziare a vedere un piccolo germoglio. Un'attesa estenuante, che farebbe perdere le speranze a chiunque. Eppure dal quinto anno in poi, quando il bambù ha ben bene radicato, è pronto a crescere 15 metri all'anno! Cosa ci insegna la storia del bambù cinese?

Innanzitutto che "l'essenziale" come scriveva Saint-Exupéry "è invisibile agli occhi".

I cambiamenti che riguardano la nostra psiche, il cuore, i sentimenti, le emozioni, i ricordi e quelli che vanno  a toccare la nostra dimensione più profonda maturano nel segreto. In un'epoca come quella attuale che ha il culto dell'immediatezza a tutti i costi (tutto e subito) la metafora ci insegna la perseveranza, il lavoro a lungo termine e il rifiuto della rassegnazione. 

Preparazione silenziosa nel segreto: un segreto che non è vergogna, un segreto che non è criminale, ma il Segreto della creazione. Le idee e i progetti sono come dei semi che vanno nascosti nella terra perché non vengano divorati: si preparano nell'oscurità.

Finalmente così il tempo può essere visto come alleato nella consapevolezza, invece che come nemico inconscio col quale non sappiamo fare i conti.



Libro preso come spunto:

"La rana che finì cotta senza accorgersene. E altre lezioni di vita"

di Oliver Clerc.

Canzone di accompagnamento:

Ceux qui ne pensent pas comme nous sont des cons

di Giorgio Brassens


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